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Google / Vividown, la Cassazione assolve i dirigenti Google

In data 03.02.2014 sono state depositate le motivazioni della sentenza n. 5107/2013 della Cassazione Penale Sez. III, che ha confermato la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 8611 del 27.02.2013, con la quale venivano assolti i dirigenti di Google Italy S.r.l., condannati invece in primo grado ai sensi dell’art. 167, commi 1 e 2, del D. Lgs. 196/2003 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”).
Il Tribunale di Milano (sent. n. 1972 del 12.04.2010) aveva ravvisato una responsabilità penale in capo agli imputati, per non aver vigilato sul contenuto dei video che venivano caricati all’interno del portale Google Video. Nel caso di specie, a novembre 2006 era visualizzabile una clip in cui un soggetto diversamente abile veniva sottoposto a maltrattamenti e offese da parte di compagni di classe; il video in questione era stato rimosso solo dopo l’intervento della Polizia Postale, su segnalazione degli utenti del portale.
La sentenza di condanna di primo grado era già stata riformata in Appello, e oggi l’assoluzione viene confermata anche dalla Cassazione.
Nelle motivazioni della sentenza, il Giudice di legittimità esamina la normativa di riferimento (D. Lgs. 70/2003 – “Attuazione della Direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico” – e D. Lgs. 196/2003), rilevando l’assenza di un generale obbligo di sorveglianza, da parte del provider, dei contenuti immessi dagli utenti all’interno dei propri siti web.
Si legge nella motivazione: “i reati di cui all’articolo 167 del codice privacy, per i quali qui si procede, devono essere intesi come reati propri, trattandosi di condotte che si concretizzano in violazioni di obblighi dei quali è destinatario in modo specifico il solo titolare del trattamento e non ogni altro soggetto che si trovi ad avere a che fare con i dati oggetto di trattamento senza essere dotato dei relativi poteri decisionali”. Nel caso di specie, il ruolo di Google sarebbe stato quello di “mero Internet host provider, soggetto che si limita a fornire una piattaforma sulla quale gli utenti possono liberamente caricare i loro video”. Sarebbero gli utenti, quindi, gli unici responsabili dei contenuti caricati: “(…) gli unici titolari del trattamento dei dati sensibili eventualmente contenuti nei video caricati sul sito sono gli stessi utenti che li hanno caricati, ai quali soli possono essere applicate le sanzioni, amministrative e penali, previste per il titolare del trattamento del Codice Privacy”.

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