Una recente sentenza della Corte di Giustizia (CGUE, Grande Sezione, sentenza 3 settembre 2014, causa C-201/13) ha contribuito a rendere più netti i confini entro cui può operare la parodia quale esimente al diritto d’autore in caso di utilizzo – non autorizzato – di opere altrui.
La questione pregiudiziale era stata sollevata dalla Corte d’Appello belga nell’ambito di una controversia, sorta a seguito della realizzazione e successiva distribuzione, da parte di un politico fiammingo, di diverse copie di un calendario, riproducente un disegno realizzato con chiari fini parodistici e di propaganda, molto simile a quello della copertina di uno degli album di fumetti dell’artista Deckmyn.
Gli eredi dell’autore avevano dunque chiamato in causa il politico, contestando la violazione dei diritti d’autore sull’opera e sostenendo tra le varie accuse, anche il carattere fortemente discriminatorio del messaggio trasmesso attraverso la caricatura.
La Corte di Giustizia, investita del caso, ha dapprima chiarito che la nozione di parodia – ai sensi dell’art. 5, lett. k) della direttiva 2001/29 – “ha carattere autonomo nel diritto dell’Unione europea”, sottolineando la necessità che ad essa sia data un’interpretazione uniforme sul territorio dell’Unione, altresì conforme al significato abituale del termine nel linguaggio corrente.
Per il giudice europeo, le caratteristiche essenziali della parodia sono “da un lato, quella di evocare un’opera esistente da cui essa si deve differenziare in maniera percettibile e, dall’altro, quella di costituire un atto umoristico o canzonatorio”.
Diversamente, una parodia “non deve avere un proprio carattere originale, diverso dalla presenza di percettibili differenze rispetto all’opera originale parodiata. E non è necessario che sia attribuita ad una persona diversa dall’autore dell’opera originale, né che sia incentrata sull’opera originale o che indichi la fonte dell’opera parodiata”.
In tale contesto, per la Corte, se una parodia trasmette un messaggio discriminatorio, i titolari di diritti dell’opera parodiata hanno, in linea di principio, un legittimo interesse a che la loro opera non sia associata ad un siffatto messaggio.
Spetterà al giudice belga valutare, nel caso concreto, se l’applicazione dell’eccezione per parodia rispetti il giusto equilibrio tra i divergenti interessi dei titolari dei diritti d’autore, da un lato, e quelli del soggetto che si avvalga della scriminante de quo al fine di esprimere le proprie idee.