Il funzionamento dell’AI pone non pochi problemi di coordinamento con i diritti di proprietà intellettuale, come dimostrato dal crescente numero di controversie intentante contro le Big Tech sui meccanismi di training dei modelli.
In questo panorama, spicca per la sua importanza all’interno del sistema statunitense la recente decisione della District Court di Washington, D.C., la quale ha confermato quanto espresso nelle linee guida rese il 10 marzo u.s. dell’U.S. Copyright Office (o USCO), secondo cui la protezione di un’opera per mezzo della legge sul copyright è possibile solo ove essa derivi, almeno in parte, da “human authorship”.
Nello stesso senso si sono espressi i giudici federali, chiamati a giudicare circa il rifiuto di quello stesso ufficio di registrare un’opera generata dall’AI, i quali hanno riconosciuto l’adattabilità mostrata dal Copyright Act di fronte alle novità tecnologiche nel corso del tempo, pur senza mai sconfessare quanto affermato dall’USCO, elevato pertanto a principio di diritto: requisito essenziale per la registrazione delle opere è l’autorialità umana.
Qui il testo della sentenza.