L’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (o IAP) nella pronuncia n. 31/2023 ha considerato ingannevole la campagna pubblicitaria di Beiersdorf S.p.A. articolata in uno spot e in un annuncio stampa relativo al prodotto “Nivea Q10 Siero Filler Rughe” in ragione della particolare tecnica di rappresentazione utilizzata. Difatti, ai fini di dare dimostrazione della particolare efficacia del prodotto pubblicizzato – che, secondo il claim proposto, sarebbe in grado di correggere e ridurre le rughe “in soli 5 minuti” – veniva utilizzato un rendering del viso prima e dopo l’applicazione del prodotto.
Secondo il Giurì, l’inserzionista non avrebbe provato che l’accostamento riprenda immagini reali del volto, ma, anzi, utilizzando il termine rendering lascia intendere che le immagini siano state realizzate con tecnica puramente digitale; una modalità che in un simile contesto il Giurì ritiene di per sé ingannevole.
Al contrario di altri ordinamenti, ove la legge prevede l’obbligo di indicare espressamente nelle comunicazioni commerciali se le foto utilizzate hanno subito dei ritocchi, allo stato attuale in Italia non esiste una normativa ad hoc. Tuttavia, tale divieto può essere desunto dalle disposizioni in materia di pubblicità ingannevole, come nella pronuncia supra esaminata.
Tra gli esempi più rilevanti di normative specifiche, in Francia, il Décret n° 2017-738 del 2017, ha introdotto l’obbligo in capo agli inserzionisti di accompagnare le fotografie ad uso commerciale di modelle il cui aspetto corporeo è stato alterato (per snellire o inspessire la figura), con la dicitura di “foto modificate” (“photographies retouchées“), come definito dall’articolo L. 2133-2 del Codice di Sanità Pubblica. Anche in Norvegia, a partire dal 1° luglio 2022, il “Marketing Act” ha imposto l’obbligo di applicare un’etichetta standardizzata ogni volta che sono state apportate modifiche alla forma del corpo o del viso, alle dimensioni del corpo o del viso o alla pelle della persona oggetto della pubblicità.
L’introduzione in Italia di un obbligo di segnalare, tramite specifichi disclaimer o label, ai consumatori di trovarsi difronte ad immagini ritoccate, contribuirebbe alla tutela del consumatore, vietando la diffusione di ideali di bellezza, che spesso, oltre ad essere inarrivabili, sono del tutto irrealistici.