La vicenda del puzzle dell’Uomo Vitruviano, che ha visto prevalere di fronte al Tribunale ordinario di Venezia nel 2022 le Gallerie dell’Accademia, ove l’originale dell’opera è conservata, non si è conclusa con tale pronuncia. Il giudice della Serenissima aveva, tra le altre cose, condannato Ravensburger a pagare un contributo per ogni riproduzione dell’Uomo Vitruviano sui suoi puzzle, sia in Italia che all’estero, richiamando all’uopo un principio di diritto internazionale privato, secondo cui il Codice dei beni culturali e del paesaggio avrebbe un’applicazione anche oltre i confini del territorio in quanto norma di applicazione necessaria.
Su questa base, il Ministero della Cultura italiano ha chiesto a Ravensburger Gmbh, società capogruppo con sede legale in Germania, di corrispondere quanto dovuto. E’ arrivata la risposta negativa della Corte di Strasburgo, la quale ha contestato in toto la tesi del Tribunale di Venezia, ribadendo il principio di territorialità della normativa italiana, che necessariamente limita l’applicazione del Codice dei beni culturali e del paesaggio entro i confini del nostro paese.
Un’interpretazione che sembra assai più in linea con i nuovi assetti proprietari in materia di beni culturali, ove è prevalente una estesa politica di Open Access, che secondo la nostra Corte dei Conti rappresenta un potenziale economico notevole, da sfruttare.