La Corte Costituzionale, con recentissima sentenza del 19 luglio 2013, n. 223 ha dichiarato incostituzionale il 2° comma dell’art. 819 ter c.p.c. rubricato “Rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria” nella parte in cui prevedeva che “Nei rapporti tra arbitrato e processo non si applicano regole corrispondenti agli articoli […] 50 […] c.p.c.”, il quale consente la prosecuzione del processo mediante riassunzione davanti al giudice competente nel termine fissato nell’ordinanza del giudice o, in mancanza, in quello di 3 mesi dalla comunicazione della stessa.
Secondo la Consulta la disposizione in oggetto deve valere anche nei rapporti tra arbitrato rituale e processo ordinario, in modo da permettere la conservazione degli effetti processuali e sostanziali della domanda giudiziale proposta dinanzi al giudice ordinario poi dichiaratosi incompetente in relazione ad una clausola compromissoria.
La ratio deve ravvisarsi nel fatto che, se il legislatore ha strutturato l’ordinamento processuale in maniera tale da configurare l’arbitrato come una modalità di risoluzione delle controversie alternativa a quella giudiziale, allora egli deve anche prevedere misure idonee ad evitare che la scelta di compromettere una vertenza in arbitri abbia ricadute negative per i diritti oggetto delle controversie stesse.