Con il D.lgs. 35/2017, il Parlamento italiano recepiva la direttiva 2014/26/UE “sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno“, la cd. direttiva Barnier, dal nome del suo promotore. Con questo intervento, l’UE mirava a garantire l’apertura del mercato del diritto d’autore e una maggiore trasparenza nella gestione di una società di gestione collettiva e maggiori possibilità di coinvolgimento decisionale dei titolari dei diritti.
Secondo la CGUE, che ha reso sentenza in data 21 marzo u.s. nella causa C-10/22, il D.lgs. 35/2017 si porrebbe in contrasto con la normativa comunitaria, nella parte in cui ha limitato ai soli enti non a scopo di lucro la possibilità di svolgere l’attività di gestione collettiva dei diritti d’autore. In questo modo, secondo la Corte, si impedisce alle società indipendenti stabilite in un altro Stato Membro di operare come intermediatore nel mercato italiano, operando una illegittima restrizione della concorrenza, in contrasto con l’art. 56 TFUE, che sancisce la libera prestazione di servizi e la direttiva Barnier, secondo il principio che il combinato disposto di tali disposizioni: “osta a una normativa di uno Stato membro che esclude in modo generale e assoluto la possibilità per le entità di gestione indipendenti stabilite in un altro Stato membro di prestare i loro servizi di gestione dei diritti d’autore nel primo di tali Stati membri“.
Qui la sentenza della Corte di Giustizia europea.