Con sentenza del 18.05.2023, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha giudicato la serie di ritratti del cantante Prince realizzata da Andy Warhol in violazione delle norme sul copyright.
La causa prende le mosse nel 2016, quando Vanity Fair, per celebrare la morte di Prince, aveva deciso di pubblicare uno dei ritratti del cantante facente parte della c.d. “Orange series”, realizzata da Andy Warhol nel 1984 su commissione della stessa rivista. L’opera di Warhol costituiva un’alterazione di una fotografia originale scattata per la rivista Newsweek dalla fotografa Lynn Goldsmith, la quale non solo non ne aveva autorizzato l’uso sulla rivista, ma neppure era stata pagata per quelle riproduzioni, della cui esistenza era venuta a conoscenza solo nel 2016. Goldsmith aveva quindi avviato una causa contro la Andy Warhol Foundation per violazione di copyright sulla propria opera originale.
La Corte Suprema ha ritenuto che, nel caso di specie, non fosse applicabile l’esimente del fair use invocata dalla difesa, ponendo un importante limite all’applicabilità della suddetta dottrina.
La dottrina del fair use consente infatti alcuni usi limitati di opere protette da copyright senza il permesso del detentore del diritto (ad esempio per scopi di critica, commento, parodia, informazione, insegnamento, o ricerca); per determinare se uno specifico uso è da ritenersi “fair” occorre procedere ad un’indagine fondata su quattro fattori.
La Corte si è concentrata in particolare sul primo fattore di fair use, il quale prende in considerazione il “purpose and character of the use” al fine di escludere l’illiceità della condotta.
Su questa base, i giudici americani hanno rigettato la difesa della Andy Warhol Foundation – secondo cui la serie su Prince costituiva un “transformative work” – in quanto lo scopo dell’uso dell’opera di Warhol era sostanzialmente lo stesso rispetto a quello della fotografia originale sottostante, ossia la concessione di una licenza commerciale di un’immagine di Prince per la copertina di una rivista, statuendo pertanto che l’uso “trasformativo” del concetto di fair use non possa essere invocato quando gli usi siano simili all’originale.